Prove INVALSI nell’era dell’emergenza

L’Editoriale ospita una riflessione di Paolo Mazzoli, già Direttore generale INVALSI, che condivide con noi la sua idea riguardo le Prove nazionali in questo periodo di emergenza sanitaria.

Prove INVALSI nell’era dell’emergenza

Affrontare l’emergenza senza perdere l’anima

Chiedo scusa della metafora forse non appropriata, ma credo si possa parlare dell’anima della Scuola, e di ogni scuola, riferendoci alla sua primaria missione educativa, la risposta alla domanda:

Qual è il nostro compito?

E questo vale per la singola scuola, che opera nel suo territorio, ma vale anche per i due estremi di scala: il Sistema di Istruzione nel suo insieme (al limite: il sistema educativo globale) e il singolo insegnante.

Il nostro sistema scolastico ha i suoi compiti di sistema, fissati in Costituzione1 e specificati nelle Indicazioni nazionali e nelle Linee guida2, ma anche ogni insegnante ha in mente, più o meno consapevolmente, il suo compito individuale che può essere identificato così:

Con questi alunni, in questo ambiente, con i miei mezzi, in questa scuola… come posso realizzare i compiti assegnati alla scuola pubblica che io dovrei contribuire a realizzare?

Ebbene, a me pare che il cataclisma Covid-19 che si è abbattuto sul mondo e sulla nostra scuola, tra le tante conseguenze che ha prodotto e sta ancora producendo, rischia di farci perdere l’anima.

Farci allontanare cioè, più o meno consapevolmente, dalla missione della nostra scuola pubblica. Non ho alcuna prova che questo stia avvenendo, ma molti indizi vanno in questa direzione.

Ad esempio, se questi primi mesi di scuola sono monopolizzati dalle questioni logistiche e sanitarie, come è inevitabile che sia, è ovvio che i dirigenti scolastici e i docenti possano dedicarsi meno a quel poco di progettazione didattica coordinata che è possibile fare prima dell’inizio delle lezioni e durante i primi mesi dell’anno scolastico.

Non si tratta solo di mancanza di tempo: è in atto anche un fenomeno psicologico che fa sì che non si riesca a pensare ad altro che non sia tamponi, quarantena, distanziamento, turni, mascherine, didattica sostitutiva, ecc.

Un fenomeno analogo è tristemente noto a molti malati di malattie riscontrabili con analisi o esami di laboratorio che finiscono per pensare in modo ossessivo ai valori delle loro analisi, anche se questo non è particolarmente utile, neanche ai fini della guarigione.

Bisognerebbe allora riuscire a gestire con serietà e responsabilità l’emergenza e, nello stesso tempo, tenere sotto controllo l’efficacia dell’insegnamento in un contesto nel quale, spiace dirlo, potrebbe non andare tutto bene. 

E qui interviene il ruolo della valutazione che, come ha detto la Presidente dell’INVALSI, Anna Maria Ajello, in piena crisi sanitaria3, non è “un lusso per i tempi agiati”4.

A livello globale disponiamo ormai di una consistente mole di dati che documentano l’insorgenza di due fenomeni estremamente preoccupanti.

C’è anzitutto il dato impressionante sulla mancata frequenza scolastica per periodi più o meno lunghi.

A fine marzo 2020, stavano a casa 1,6 miliardi di alunni, pari a circa il 90% della popolazione scolastica mondiale, ma anche a fine luglio i non frequentanti erano più di un miliardo5.

C’è poi un secondo dato molto più preoccupante: la pandemia ha fatto aumentare nel mondo intero la non equità del sistema scolastico che, a sua volta, ha generato un significativo aumento della disuguaglianza sociale.

I più recenti dati ISTAT disponibili dicono che il 33,8% delle famiglie non ha un computer o un tablet in casa e solo il 6,1% degli studenti vivono in famiglie in cui ciascun componente ha a disposizione un proprio computer6.

Una consistente quota di alunni non ha quindi potuto partecipare ad alcun tipo di insegnamento a distanza.

Questo preoccupante fenomeno di esclusione, che in Italia investe un numero di studenti oscillante tra 800.000 e 2 milioni, non è distribuito equamente tra i ceti sociali, dal momento che sono proprio le famiglie più povere a non disporre di dispositivi e connettività.

In questo contesto emerge la necessità di conoscere l’effettivo impatto della “perdita di apprendimento”, o learning loss,prodotta dalla pandemia.

Questa indispensabile valutazione non è solo necessaria per orientare correttamente le politiche di supporto alle scuole e agli studenti, ma serve anche alla singola scuola e al singolo insegnante.

Abbiamo quindi bisogno, oggi più che mai, di uno strumento ad alta risoluzione che non si limiti a fornire percentuali di alunni dispersi o parzialmente dispersi7 ma che permetta una descrizione analitica, modulata sulla effettiva situazione di ogni scuola e di ogni classe, del livello di apprendimento nelle principali aree disciplinari.

È certamente auspicabile che le scuole elaborino in proprio Prove e altri strumenti didattici per avere un’idea del livello di competenza dei ragazzi, ma solo l’INVALSI potrebbe mettere a disposizione strumenti attendibili e validati che, oltretutto, potrebbero alleggerire almeno una parte della fatica necessaria per ripartire.

Prove INVALSI ad uso locale

Se dunque abbiamo bisogno, oggi più che mai, di una valutazione che non serva solo per sapere dove si è arrivati, ma anche per rendersi conto di come si parte, allora il contributo dell’INVALSI alle scuole potrebbe spingersi proprio in questa direzione.

Nel periodo del lockdown l’INVALSI ha cominciato a predisporre una serie di materiali di libera utilizzazione per aiutare le scuole nei primi mesi dell’anno scolastico8.

Si tratta essenzialmente di tre tipologie di materiali che i docenti possono utilizzare liberamente:

  1. oltre 60 video sui principali nodi di apprendimento che sono stati rilevati durante dieci anni di prove INVALSI con una particolare attenzione agli errori più frequenti che commettono gli studenti;
  2. un set di Prove di Italiano, Matematica e Inglese a scopo diagnostico;
  3. schede di lettura delle Prove diagnostiche con riferimento ai traguardi previsti dalle Indicazioni nazionali/Linee guida attualmente vigenti.

Diversamente dalle Prove standardizzate ordinarie, che sono rigorosamente segrete fino alla loro somministrazione9, le Prove diagnostiche sono un insieme di Prove, accuratamente selezionate dagli esperti INVALSI, che i docenti e i dirigenti scolastici possono utilizzare in modo totalmente libero proprio per disporre di una mappa sufficientemente dettagliata del livello di padronanza delle competenze veicolari dei loro alunni.

Questi strumenti sarebbero quindi offerti alle scuole non già per poter disporre di dati comparabili a livello nazionale ma, semmai, per consentire mappature e confronti strettamente locali, ad esclusivo uso delle scuole.

L’analisi delle risposte degli alunni, sostenuta dalle schede e dai video cui ho accennano, potrà inoltre consentire ai docenti di individuare gli errori più frequenti che, molto spesso, hanno a che vedere con delle vere e proprie pre-concezioni10 (spesso chiamate, impropriamente, misconcezioni) che i ragazzi utilizzano inconsapevolmente e che li portano a sbagliare anche quando la domanda sembra molto semplice.

Sulle Prove diagnostiche provo a fare un paio di esempi concreti.

Primo esempio: una scuola secondaria di primo grado

I docenti di una scuola secondaria di primo grado potranno esaminare un certo numero di Prove di Italiano, Matematica e Inglese (di livello A1) per la prima classe (grado 6) organizzate per ambito disciplinare.

Ad esempio, per la Matematica, avranno a disposizione due Prove per ciascuno dei quattro ambiti disciplinari: Numeri, Spazio e Figure, Relazioni e Funzioni e Dati e Previsioni.

A seconda dei loro scopi e della specifica situazione della scuola, potranno quindi selezionare alcune di queste Prove, da proporre a tutti gli alunni o a una parte di essi, sugli argomenti sui quali ritengano utile un accertamento mirato, anche sulla base delle carenze che presumibilmente potrebbero essersi determinate a causa della chiusura delle scuole.

La somministrazione delle Prove potrà avvenire nelle modalità più comode e funzionali a ciascuna scuola, senza dover seguire rigorosi protocolli operativi.

Immediatamente dopo lo svolgimento delle Prove l’INVALSI restituirà i risultati ottenuti, che la scuola potrà immediatamente utilizzare per progettare percorsi didattici più efficaci.

Ovviamente i risultati non potranno indicare anche i valori nazionali di riferimento, tuttavia la scuola potrà operare confronti interni, tra diversi gruppi di alunni, o tra singoli alunni.

Anche il singolo docente, in modo totalmente autonomo, potrà proporre le Prove diagnostiche ai suoi alunni.

Secondo esempio: un istituto tecnico

I docenti di Inglese di un istituto tecnico potrebbero organizzare una sessione di Prove di Inglese per tutti gli studenti delle classi prime (di livello A1 e A211), terze (di livello A2 e B1) e quinte (di livello B1 e B2).

In questo modo otterranno una mappatura pressoché completa della preparazione iniziale degli studenti in Inglese e saranno in grado di regolare il percorso didattico di ciascuno studente.

La scuola potrà inoltre decidere di consegnare agli stessi studenti, e alle loro famiglie, una sorta di attestazione di ingresso del livello di comprensione dell’Inglese (in Lettura e in Ascolto) che potrà servire anche per valutare il miglioramento di ogni studente nel corso dell’anno scolastico.

Rilanciare (e rafforzare) la valutazione delle scuole

Ancora oggi quando si nomina l’INVALSI si pensa quasi esclusivamente alle Prove nazionali, al punto che gli stessi soggetti che sottolineano incessantemente i limiti della valutazione standardizzata degli apprendimenti non sembrano particolarmente attivi nel sostenere la valutazione sul campo delle scuole che pure potrebbe garantire il giusto contrappeso alle Prove nazionali.

Eppure per tre anni scolastici (2015-2016, 2016-2017 e 2018-2019) l’INVALSI ha inviato più di duecento Nuclei di Valutazione Esterna (i cosiddetti NEV) a visitare un totale di 1.013 scuole, scelte in modo casuale e quindi distribuite anche nei più remoti angoli del nostro territorio, dalle piccole isole ai borghi appenninici di poche anime.

La quasi totalità di queste visite è stata accolta con grande favore dai dirigenti scolastici, dai docenti, dai genitori e dagli stessi studenti.

In molti casi i NEV si sono sentiti dire frasi del tipo: “non sapevamo che faceste anche le visite sul posto; finalmente qualcuno ci viene a trovare e vede in quali condizioni lavoriamo!”.

Il modello triangolare o tridimensionale, costituito da Prove nazionali/Autovalutazione/Valutazione esterna, viene considerato a livello internazionale il più corretto e convincente12 perché prende in carico sia la necessità di misurare l’effettivo raggiungimento dei livelli di acquisizione delle competenze fondamentali da parte di tutti gli studenti, sia la complessità dei processi che si svolgono a scuola.

Occorre infatti sempre tenere presente che quando si parla di servizi alla persona (principalmente istruzione e sanità) è fondamentale una riflessione autovalutativa da parte del personale che svolge il servizio, perché solo così si sentirà coinvolto nelle conseguenti azioni di miglioramento.

Ciò nonostante l’intero sistema istituito per la valutazione continua delle scuole (il Sistema Nazionale di Valutazione) è ancora piuttosto debole con riferimento a due elementi decisivi: la consistenza e la stabilità del contingente ispettivo13 e il finanziamento da parte dello Stato14.

Nel campo della valutazione delle scuole, il periodo emergenziale fa sorgere la necessità di inserire nei protocolli di visita un’esplicita azione consulenziale da parte dei valutatori dei NEV che potrebbe sostenere l’enorme sforzo di riorganizzazione logistica e didattica necessaria per far ripartire e, se sarà possibile, mantenere la didattica in presenza.


1 “La Repubblica detta le norme generali sull’Istruzione”, dice l’articolo 33 e poi, articolo 34, “La Scuola è aperta a tutti”, e “I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. Anche solo questi tre commi fanno emergere chiaramente i principi generali della nostra Scuola pubblica.

2 In questi documenti si parla, non a caso, di “traguardi” intesi come compiti prescrittivi per le scuole e gli insegnanti.

3 Presentazione dei dati OCSE PISA relativi all’Educazione Finanziaria avvenuta, in modalità webinar, il 7 maggio 2020 alla presenza della Viceministra all’Istruzione Anna Ascani. Il video integrale dell’evento è disponibile qui.

4 Le considerazioni che seguono riprendono i contenuti di un articolo dello stesso autore nel n. 5 (settembre-ottobre) del 2020 di Rivista dell’Istruzione, edita da Maggioli editore.

5 Fonte UNESCO. Vedi Corriere della sera/esteri del 28 luglio 2020.

6 Questi dati sono richiamati in una recente indagine del CENSIS.

7 Mi riferisco a quegli alunni che hanno seguito solo una parte delle lezioni a distanza e che, a causa delle più diverse condizioni personali, non hanno potuto compensare in alcun modo la mancata continuità didattica.

8 Il proposito dell’INVALSI di offrire alle scuole un insieme di Prove diagnostiche è stato annunciato per la prima volta nel corso di un’audizione al Senato che si è svolta in videoconferenza lo scorso 23 aprile. È disponibile la video registrazione ufficiale, l’intervento della Presidente dell’INVALSI è al minuto 1:10:00. Molto più recentemente l’argomento è stato trattato nell’Editoriale di INVALSIopen di ottobre 2020 Le Prove e i dati INVALSI in una prospettiva formativa.

9 Le Prove standardizzate INVALSI sono uno dei compiti principali che la legge assegna all’Istituto. Esse permettono di disporre di dati affidabili, e comparabili, sulla qualità delle principali competenze in Italiano, Matematica e Inglese. Sono prove segrete che ogni studente vede per la prima volta quando gli viene consegnato il fascicolo o si registra sulla piattaforma online per svolgerle al computer. Il contenuto delle Prove non è noto né ai docenti né a chiunque altro. In questo modo l’INVALSI può restituire a ciascuna scuola i suoi risultati confrontati con quelli nazionali e quelli ottenuti dalle scuole con caratteristiche simili.

10 Tra i primi e più importanti studi sulle pre-concezioni, o concezioni spontanee, prior knowledge in inglese, vanno ricordati quelli di Laurence Viennot (Le Raisonnement spontané en dynamique élémentaire, L. Viennot, Hermann, 1979). Quando, ad esempio, pensiamo che vanno a fondo gli oggetti pesanti (indipendentemente da altre proprietà) stiamo utilizzando una concezione spontanea, così come quando sosteniamo che il risultato di una divisione è sempre più piccolo del numero di partenza o che la base di un triangolo deve essere parallela al bordo inferiore del foglio.

11 I livelli di competenza per l’Inglese sono quelli stabiliti dal Consiglio d’Europa nel QCER (Quadro Comune Europeo di Riferimento per la conoscenza delle lingue). Per un approfondimento dei livelli del QCER con riferimento alle Rilevazioni INVALSI si può consultare questa pagina web.

12 La letteratura sulla valutazione scolastica è estremamente ampia ma molto frammentata. Tra i testi più organici e aggiornati troviamo il libro di Jaap Scheerens “Educational Effectiveness and Ineffectiveness: A Critical Review of the Knowledge Base”. Springer, 2015. Nel 2018 l’INVALSI ha tradotto il testo in italiano con il titolo “Efficacia e Inefficacia Educativa. Esame Critico della Knowledge di Base”. Il testo, anche questo edito da Springer, può essere richiesto gratuitamente alla Biblioteca dell’INVALSI scrivendo all’indirizzo: biblioteca@invalsi.it

13 Attualmente sono in servizio circa 50 dirigenti tecnici che, però, hanno in carico una mole imponente di incombenze istituzionali non collegate con la valutazione delle scuole. Fa però ben sperare la recente nomina, da parte del Ministero dell’Istruzione, del dirigente tecnico che rappresenterà il contingente ispettivo in seno alla Conferenza per il coordinamento del sistema nazionale di valutazione: la Dott.ssa Maria Rosa Silvestro che succede al Dott. Ettore Acerra che, da alcuni mesi, è stato nominato direttore generale dell’USR Liguria.

14 Dal 2016 l’INVALSI riceve un totale di 8 mln di euro per una serie di compiti affidatogli dalla legge (Prove nazionali non finanziate dal D. Lgs. N. 62/2017, tutte le indagini internazionali e, per l’appunto, la valutazione esterna delle scuole). Di fatto l’INVALSI può destinare non più di 1,5 mln di euro all’anno alla valutazione esterna a fronte dei 5 mln di euro che servirebbero per visitare ogni anno il 10% delle scuole.

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