L’istruzione IFP nel 2023. Cosa dicono di noi i dati OCSE

Il Rapporto dell’OCSE Education at a Glance 2023. Uno sguardo sull’Istruzione, recentemente presentato al Ministero dell’Istruzione e del Merito alla presenza del Ministro Giuseppe Valditara, ha avuto come focus l’istruzione e l’IFP, la formazione tecnico-professionale. Quale situazione delineano per il nostro Paese i dati OCSE su questo settore formativo?

Quella dell’istruzione tecnica e professionale è una grande sfida. Si tratta infatti di una formazione che – come hanno sottolineato sia il Ministro Giuseppe Valditara sia il Presidente dell’INVALSI Roberto Ricci – è quanto mai importante per un Paese come il nostro, nel quale è così forte la vocazione manifatturiera.

Ma quali sono i punti salienti della situazione degli IFP fotografata dai dati OCSE?

Cosa dicono i dati in generale

In generale nell’area OCSE la quota dei giovani adulti che non hanno conseguito un diploma di istruzione secondaria superiore a indirizzo tecnico professionale è scesa in modo evidente dal 2015 al 2022, passando dal 18% al 14% attuale.

Fonte: Education at a Glance 2023

I giovani che scelgono la formazione IFP

Un primo punto messo in luce nella presentazione del Rapporto Uno sguardo sull’istruzione 2023 da Tia Loukkala, Responsabile del CERI – Centro per la Ricerca sull’Istruzione e l’Innovazione, ci dice che nel nostro Paese il numero di iscritti a percorsi IFP è pari al 40% dei giovani di età compresa tra 15 e 19 anni, una percentuale decisamente superiore a quella dei Paesi OCSE, dove si attesta al 23%.

Si osserva però che solo il 55% dei diplomati con percorso IFP trova occupazione dopo 1-2 anni dal conseguimento del diploma. È un tasso piuttosto basso se messo a confronto con quanto avviene nel resto d’Europa.

Ciò indica la necessità di una maggiore corrispondenza tra i titoli di studio conseguiti e le richieste che provengono dal mondo del lavoro.

Anche la percentuale dei NEET, cioè i giovani che non seguono un percorso formativo e non lavorano, è al di sopra della media dei Paesi OCSE, dove questa condizione riguarda solo il 14% dei giovani. A livello regionale il fenomeno dei NEET è maggiore nel Sud e nelle Isole, dove tuttavia si registra il dato positivo di una diminuzione dei giovani che vivono questa condizione dal 2015 al 2019.

Fonte: Education at a Glance 2023

Merita attenzione il fatto che in Italia il 22% dei giovani non ha conseguito un diploma di istruzione superiore. È una percentuale decisamente più alta di quella degli altri Paese dell’OCSE ed è anche questo un fenomeno che colpisce soprattutto le regioni del Sud/Isole.  

È un dato che fa riflettere, soprattutto se si considera che il tasso di occupazione in Italia – come negli altri Paesi europei – è molto più alto per chi proviene da percorsi formativi della filiera tecnico- professionale rispetto ai giovani che hanno frequentato un percorso liceale. Al conseguimento di una qualifica si lega inoltre la possibilità di percepire una migliore retribuzione.

Quanto investiamo nell’istruzione

Nel nostro Paese la quota destinata all’istruzione nel 2020 è stata il 4,2% del prodotto interno lordo, inferiore quindi a quanto destinato a questo settore dagli altri Paesi dell’OCSE, che hanno investito il 5,1% del loro PIL.

Questo non significa però che in Italia non vi sia grande attenzione per l’andamento dell’istruzione in tutti i gradi, i livelli e gli indirizzi scolastici, a partire dalla scuola primaria. Come nella maggior parte dei Paesi OCSE, infatti, abbiamo un sistema di valutazione che segue la progressione scolastica e che, nel nostro caso, è un sistema nazionale.

Cosa fare

I dati che il Rapporto mette a disposizione mostrano con chiarezza le criticità presenti nella formazione dell’istruzione tecnica e professionale. Costituiscono perciò una preziosa fonte di indicazioni sulle sfide che gli IFP devono affrontare per far sì che

l’apprendimento basato sul lavoro offra vantaggi di particolare significato

Ciò è fondamentale, come ricorda il Ministro Valditara,

sia perché consente di applicare le competenze in un contesto pratico sia, soprattutto, perché facilita la transizione dalla scuola al mondo del lavoro

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