L’osservazione è uno strumento potente per cogliere in profondità ciò che è nuovo o sconosciuto, ma anche ciò che interessa conoscere meglio e seguire nella sua evoluzione. In un contesto come quello scolastico, chiamato a trasformarsi da un mondo che cambia, la lente di ingrandimento di dati oggettivi come quelli delle Rilevazioni nazionali e la competenza osservativa dei docenti sul campo sono un binomio essenziale per una Scuola di qualità.

Di recente sono stati presentati i dati della Rilevazione nazionale 2025 sugli esiti di apprendimento e come ogni anno abbiamo avuto un ritratto della nostra Scuola basato su informazioni oggettive, che non corrono il rischio dell’autoreferenzialità.
Una valutazione esterna come quella che l’INVALSI realizza ha perciò per la Scuola – e più in generale a livello sociale e politico – un valore specifico e insostituibile. Permette infatti di osservare e comprendere cosa costruisce attraverso la sua azione educativa e formativa, che coinvolge bambini e giovani per un periodo così lungo nella loro vita. Ciò è possibile perché
I risultati della valutazione esterna disegnano una mappa che serve a identificare con grande precisione le situazioni di difficoltà, dalla scala nazionale fino a quella del singolo studente.
Tuttavia, le Prove INVALSI non possono misurare tutto, poiché non tutto è misurabile con prove standardizzate.
Bisogna anche essere attenti ai fattori che intervengono nella vita scolastica e raccogliere informazioni utili a trasformare quei dati in strumenti adatti a rispondere alle esigenze di miglioramento che le Rilevazioni nazionali descrivono con chiarezza.
Perché ciò accada occorre saper osservare e cogliere le opportunità che l’osservazione offre.
Guardare in profondità
Quel guardarci intorno che è parte integrante della quotidianità di ciascuno diventa per gli insegnanti una competenza professionale fondamentale.
Saper osservare è infatti condizione essenziale per raccogliere informazioni utili a comprendere la situazione e il contesto in cui si opera, le caratteristiche delle persone con le quali si interagisce, al fine di prendere decisioni appropriate a produrre un miglioramento dell’esistente.
Un processo decisionale, come quello che sottende un processo formativo, non può attivarsi senza avere dati significativi, validi e attendibili. È per questo che l’insegnante, pur avendo a disposizione diverse fonti informative – e tra queste gli esiti delle Rilevazioni nazionali – non può prescindere dal possesso di una solida competenza osservativa.
Questa gli consente di rilevare oggettivamente il dato pedagogico, quello cioè che si manifesta nella situazione di insegnamento-apprendimento, una peculiarità che gli appartiene e caratterizza il suo ruolo.
Osservare non è quindi solo un’azione, ma un processo intenzionale di raccolta di informazioni, che va oltre la semplice constatazione dei fatti e pone le basi per orientare le decisioni più congeniali a ipotesi di miglioramento, sia in ragione degli esiti di apprendimento rilevati dalle Prove INVALSI sia per quel che concerne l’azione formativa e didattica su altri domini di competenza (cognitivo, affettivo, relazionale, sociale).
Se la valutazione esterna delle Prove nazionali ha il valore insostituibile di misurare il livello di competenza raggiunto dagli allievi e segnalare dove concentrare gli sforzi per produrre cambiamento, la spiegazione di quegli esiti può essere identificata dagli insegnanti. Come abbiamo più volte affermato
I risultati delle Prove indicano il livello di competenze raggiunto, ma non possono spiegarne il perché. Ogni situazione, positiva o negativa, è determinata da fattori che solo gli insegnanti coinvolti sono in grado di identificare […] L’apprendimento di ogni studente, in ogni classe e in ogni scuola è infatti soggetto a tanti di quei fattori – sociali, culturali, familiari, psicologici o contingenti – che solo un insegnante o il collegio dei docenti possono trovare una risposta.
La decisione sulle priorità dalle quali partire, su come intervenire e su cosa farlo é una responsabilità degli insegnanti, la cui professionalità può e deve consentire loro di identificare di volta in volta gli strumenti più opportuni per migliorare gli esiti di apprendimento.
Vantaggi e oneri
È evidente che essere un buon osservatore non è affatto facile e richiede uno sforzo tutt’altro che banale.
L’insegnante che adotta il metodo osservativo è chiamato infatti a:
- assumere un atteggiamento aperto nei confronti dei diversi riferimenti teorici o verso gli strumenti osservativi, senza operare discriminazioni aprioristiche
- osservare le situazioni, gli eventi, le persone e le cose con sistematicità, oggettività e con ricchezza di particolari, evitando un’eccessiva semplificazione oppure la sommarietà
- indirizzare questi criteri metodologici anche verso se stesso e verso la propria pratica professionale.
Tuttavia vi sono vantaggi che vale la pena di considerare, tra i quali:
- non rimanere allo stadio dell’osservazione occasionale
- evitare di dare un’interpretazione intuitiva dei fatti ed evolvere verso un’analisi obiettiva di questi, in modo da permettere un intervento sempre più focalizzato sulla situazione
- avere informazioni dirette circa la situazione oggetto di interesse
- avvicinare la situazione osservata in modo globale, così da poter cogliere i molteplici aspetti che la caratterizzano.
Del resto, è noto che scelte educativo-formative e didattiche adeguate al contesto e flessibili si fondano su un organico disegno progettuale, che la disponibilità di dati oggettivi e la capacità di rilevare informazioni valide rende possibile e attuabile.
Approfondimenti
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