Nutrire la voglia di studiare per favorire l’equità

La voglia di studiare, di imparare e fare meglio non è certo un patrimonio che resta stabile nel tempo. È piuttosto un bagaglio che occorre nutrire e la scuola ha un ruolo cruciale per accrescerlo valorizzando le occasioni di successo, un traguardo spesso più difficile da raggiungere per i ragazzi e le ragazze con maggiori svantaggi. Per uno scopo così alto la valutazione è senza dubbio uno strumento prezioso.

Lavorare a favore dell’equità significa anche stimolare in tutti i ragazzi la motivazione di cui hanno bisogno per affrontare l’impegno di formarsi.

Chi studia e impara davvero ci riesce perché ne ha voglia, perché prova gusto a fare qualcosa in cui ha fiducia di poter riuscire.

Si costruisce così un circuito virtuoso che favorisce il successo e sostiene la motivazione. Quando una cosa ci riesce, infatti, siamo spronati ad andare avanti e a investire sforzi anche in sfide difficili. Al contrario, quando si inizia a sperimentare l’insuccesso e magari questo si ripete perché poggia su uno svantaggio esistente già in partenza, la motivazione a fare per apprendere si perde più facilmente.

Dare senso, una carta vincente

La scuola è il primo posto in cui un allievo si confronta con le sue competenze cognitive, sociali e relazionali. Se già dall’inizio del percorso formativo si sentirà adeguato ad affrontare compiti sfidanti costruirà verso l’impegno che l’apprendere comporta un atteggiamento positivo, che molto probabilmente porterà con sé anche in altre situazioni della sua vita, nel presente e nel futuro.

Se la scuola invece è percepita come un ambiente faticoso, che dà poche soddisfazioni, è facile che il ragazzo entri in un’ottica di “lavoro in economia”; questo lo porterà a cercare di sopravvivere al compito di apprendere facendo il minimo indispensabile per evitare le conseguenze più spiacevoli, come la bocciatura.

Comincerà quindi a rendere meno di quanto è nelle sue possibilità, intraprendendo un percorso che potrebbe anche portarlo ad abbandonare la scuola prima del tempo.

Del resto, è noto da tempo che la motivazione è strettamente legata al rendimento scolastico e che i ragazzi imparano molto più facilmente quando sono interessati a ciò che apprendono, soprattutto perché capiscono l’utilità e l’applicabilità di ciò che gli viene chiesto di imparare.

Non c’è dubbio infatti che, per dare senso a quello che apprendono, gli allievi di ogni grado di scolarità devono poter stabilire collegamenti tra ciò che fanno in aula e l’esperienza fuori dalla scuola.

È questa una strategia didattica certamente applicata da un numero considerevole di docenti, come testimoniano i dati dell’Indagine TIMSS (Trend in International Mathematics and Science Study) della IEA (International Association for the Evaluation of Educational Achievement), nell’ambito del quale è stato chiesto agli insegnanti quanto spesso collegano le lezioni alla quotidianità dei ragazzi.

Le risposte dei docenti – per il TIMSS sono insegnanti di Matematica – rivelano che

gli esempi di vita reale sono molto spesso utilizzati durante le lezioni. Gli insegnanti di matematica del 51,5% degli studenti di quarta primaria nell’UE hanno indicato che collegano quasi ogni lezione alla vita quotidiana degli studenti; il 30,9% ha riferito di farlo in circa la metà delle lezioni. Il 17,6% degli studenti di quarta primaria dell’UE riceve esempi di vita reale solo durante alcune lezioni. Quasi nessun insegnante ha detto di non mettere mai in relazione le lezioni con la vita degli studenti.

Euridyce, 2023

Costruire condizioni di successo

Proprio perché la motivazione è così legata alla percezione sia della significatività di quello che si sta facendo sia all’esperienza di successo o insuccesso che si vive da studenti, osservare la scuola attraverso dati valutativi validi e attendibili – come accade con le Rilevazioni nazionali e internazionali alle quali il Nostro Paese partecipa – è uno strumento chiave per sostenere lo sforzo di equità e inclusività che il sistema formativo compie nei confronti di ogni allievo.

Identificare le esigenze di apprendimento della popolazione scolastica è infatti il primo passo verso lo sviluppo di itinerari formativi capaci di costruire condizioni di successo fin dall’inizio del percorso formativo per ogni allievo, anche per coloro che provengono da situazioni di svantaggio, dovute a cause diverse. Le circostanze personali e sociali, infatti, non dovrebbero essere un ostacolo al successo scolastico.

L’obiettivo non è solo che l’allievo raggiunga un determinato risultato, ma anche che costruisca un rapporto positivo con l’apprendimento, dove ogni risultato positivo aumenta la sua motivazione a continuare.

Perché ciò accada, trasformando in realtà concreta un’istanza educativa di innegabile valore, occorre creare un ambiente dove ogni bambino o ragazzo abbia la possibilità di affrontare sfide per lui raggiungibili con il giusto supporto, fatto di feedback costruttivi e di riconoscimento dei progressi compiuti, fattori cruciali perché un giovane impari a credere nelle proprie possibilità e sia disponibile a fare la fatica di apprendere.

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